Mi piacciono i voli pindarici e sfido a sapere il significato esatto del concetto.
Mi piacciono gli incontri su altri livelli che possono accadere anche mentre si zappa la terra l’uno accanto all’altro.
Mi piacciono i ‘colori del pavone’ e questa definizione che mi porto dietro da una vita, rubata da un film.
Mi piacciono i fiori, quelli di campo, quadri della natura, il ronzio degli insetti, la danza del polline che mi devasta.
Mi piace il melone, l’anguria, l’acqua, il sole che arde la pelle, il pigmento che diventa bruno.
Mi piacciono i muscoli, perfezione dell’anatomia, i bozzetti di Leonardo, la pergamena e il tratto a matita.
Mi piace l’estetica e il suo fine, mi piace chi comprende la sua sua essenza, mi piace chi ricerca la necessaria armonia come linfa vitale per muoversi nel mondo.
Mi piacciono i vestiti vintage, i capelli corti corti o il perenne raccolto, i saldali col tacco, gli zaini da campeggio e l’indispensabile che possono solo contenere.
Mi piacciono le lampade, i tessuti, i giardini, i capitelli, l’aria tersa, il pianoforte e la fatica del pedalare.
Mi piace il risotto, la zuppa, la carta da parati, il ricordo di mia nonna che beveva caffè temperatura amianto nel bicchiere grezzo del vino da osteria.
Mi piacciono il legno, la pietra, i contrasti.
E mi piacciono le righe, per il loro ordine che si ripete che trasforma in razionale e semplice il tumulto interiore.
Avrei voluto parlare della fine di un ciclo, delle mie ultime decisioni, del perché e del percome. Ma a chi sarebbe interessato? A me che già lo so? A loro?
Sorrido.
Perchè mi piacciono i sorrisi. Per la loro capacità di farci voltare pagine con infinita e profonda leggerezza.