Una punta di irriverente ironia

Quando il sassolino si svegliò, quella mattina, si accorse che qualcosa era cambiato, al di là. Un brusio di fondo, riflessi diversi, odori nuovi. Rotolò lentamente fino al suo confine sbirciando fuori e si trovò davanti un’immensa distesa di fiori, un infinito, accecante mare giallo. Si trattava di creature tutte decisamente alte che guardavano sincronizzate il sole, ondeggiando al suo ritmo, fiere e lucenti. Davano l’impressione di essere invincibili, un esercito impenetrabile ancorato alla terra scura e umida, dalle radici profonde e solide, nato per brillare. Rimase lì, immobile fino a sera, osservandole fra stupore, reticenza, incredulità, dubbio, ammirazione e simpatia.

Al calare della luce, una di queste, ripiegando il capo per dormire, lo notò. Si abbassò ancora un poco, per guardare meglio quella piccola cosa e il suo minuscolo giardino rettangolare dietro di lei. Ordinato e quasi spoglio, era ricoperto di sabbia e ghiaia rastrellate con cura, con alcune rocce e alcune piantine verdi disseminate apparentemente qua e là. Niente di più. Anche il fiore stette a fissare a lungo quel posto sconosciuto, completamente nuovo ai suoi occhi, il posto del piccolo sasso, in silenzio.

Quello che nacque fu un accostamento particolare, fra due mondi lontani, che parevano non rivelare alcun punto di contatto. Neanche il fiore e il sasso riuscivano sempre a comprendersi, diversi come erano, ma qualcosa di inafferrabile li univa.

L’artefice dell’opera lassù, spesso si sedeva e li contemplava. Soddisfatto di quanto aveva creato. Di quanto aveva affiancato. Incurante delle perplessità che i suoi collaboratori gli presentavano. Aveva piani ben precisi e seri. Infallibili. Gli piaceva solo realizzarli con una punta di irriverente ironia.

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